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durante il colèra del 1867 285

di marzo, si sparse per tutta la provincia, e da questa, nell’aprile, in quella di Caltanissetta, e crebbe poi fierissimamente in entrambe durante il mese di maggio, favorito dai calori estivi che si fecero sentire un mese prima a cagione della lunga siccità. Nè scemò punto nel giugno, se se ne tolga la sola città di Caltanissetta, in cui decrebbe rapidamente; chè anzi, nei primi giorni di quell’istesso mese, invase la provincia di Trapani, quella di Catania, quella di Siracusa, e sul cominciar di luglio Palermo, e sul cominciar d’agosto Messina. Intanto si era propagato per quasi tutte l’altre provincie d’Italia, e particolarmente in quelle del mezzogiorno, e più che in ogni altra in quella di Reggio, dove menò la sua ultima e più spaventevole strage sul cadere dell’anno.

Fin dai primi indizi che si manifestarono nelle provincie di Girgenti e di Caltanissetta, il generale Medici, comandante la divisione di Palermo, quasi antivedendo il terribile corso dell’epidemia, rimise in vigore tutte le cautele igieniche prescritte dal Ministero della guerra nel sessantacinque; divise i corpi in un numero maggiore di distaccamenti perchè nessuna città e nessun villaggio ne rimanessero privi; ordinò che dappertutto si aprissero ospedali militari pei colerosi, infermerie pei sospetti e case di convalescenza nei punti più appartati e salubri; istituì in ogni presidio una commissione di sorveglianza sanitaria; prescrisse nettezza rigorosa e accurate e frequenti disinfezioni in tutte le caserme; sospese ogni movimento di truppa dai luoghi infetti agli immuni; impose ad ogni corpo, ad ogni distaccamento di prestarsi prontamente e largamente a qualunque richiesta delle autorità civili per il servizio dei cordoni sanitari e per sussidiare le guardie nazionali nella tutela della pubblica sicurezza; ingiunse che si cercassero e si preparassero nelle vicinanze delle città principali i luoghi più adatti