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272 | il mutilato. |
posatele le mani sulle spalle e guardatala in volto, le die’ un bacio e si allontanò dicendole: — Andiamo. — La fanciulla si alzò e la seguì tenendo la faccia rivolta verso lo specchio fin ch’entrò nella stanza vicina. Quivi, lasciata uscir la madre, sollevò leggermente un piede da terra, e, fatto perno del calcagno dell’altro, die’ un doppio giro intorno a se stessa, e si accoccolò d’un tratto volgendo indietro la testa a rimirar con vezzosa curiosità le gonnelle gonfiate dal vento che parevano una veste co’ cerchi. Subito dopo accorse anch’essa sull’aia.
Tutti gli altri, parte sparpagliati sull’aia, parte sur un tratto della via dinanzi alla casa, erano in continuo moto da quella a questa, da questa a quella, come se scottassero i piedi a restar fermi un momento. E in quel continuo girare, non si dava mai il caso di due persone, le quali, incontrandosi e guardandosi, non si scambiassero una lieta parola o un sorriso, però che lo sguardo dell’una rammentava all’altra la gioia comune, e glie ne rinfrescava, per così dire, il sentimento. Il fratello della fidanzata, passandole accanto, o le dava un gagliardo pizzicotto nel braccio pel maledetto gusto di strapparle un guaìto, o, sorpresala alle spalle, le afferrava ambo i gomiti e li forzava l’un verso l’altro in atto di voler ch’e’ si toccassero, e quel: va via sgarbato! che gli toccava poi in castigo, accompagnato dalla minaccia d’un ceffoncino che non veniva mai, gli dava un gusto matto. Le amiche la traevano a volta a volta in disparte, e si aggruppavano intorno a lei per susurrarle nell’orecchio non so che parole, a cui soleva seguire uno scoppio di risa e un rompersi repentino del crocchio e uno sparpagliarsi di corsa. Di quando in quando il vecchio babbo, fermandosele dinanzi e facendo un visaccio serio serio, le diceva: — Non viene. — Come? perchè? chi ve l’ha detto? essa domandava concitatamente,