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270 il mutilato.


Al primo rischiararsi del cielo, i due vecchi genitori s’eran levati e vestiti con quella lieta pressa dei fanciulli che si apprestano a una bella passeggiata in campagna; e s’eran messi a girar per la casa a passi frettolosi, spalancando porte e finestre, battendo forte le mani al capezzale dei dormienti, e vociando: animo, giù dal letto, ragazzi. I dormienti, destati così all’improvviso, spalancavano gli occhi e la bocca e giravano intorno uno sguardo pieno di sonno e facevano quella cera imbroncita e stizzosa di chi è sturbato nella pigrizia; ma, non appena riavutisi dal sonno, ed afferrata col pensiero la ragione di quell’improvviso gridìo, s’animavano tosto di una grande letizia, mescolavano allegramente le loro voci a quelle dei parenti, balzavano anch’essi dal letto, si vestivano in furia, e via per la casa, e per l’aia, per la via, e per gli orti, a sbrigare con inconsueta sollecitudine le usate faccende, sorridendosi l’un l’altro ad ogni incontro e facendosi dei cenni faceti da lontano e incitandosi a vicenda colla voce a far presto. Poco dopo giungeva ansando la giovinetta, la sposa promessa, la quale stava di casa là presso; giungeva di corsa, accompagnata da due amiche, vestita a festa, con un mazzolino di fiori nei capelli, tutta rossa nel viso; incontrò subito la madre, sorrise, arrossì, le si gettò nelle braccia, e poi scioltasene di repente e fattosi due e tre volte schermo col gomito da chi volea guardarla nel viso per dirle una cortesia, si pose in giro anch’essa per quella casa, che era come sua; e tutte assieme cominciarono ad assestare e spolverare arredi e masserizie, a lavorar di granata in ogni angolo più riposto, a rimuovere letti dalle pareti, a smuovere sacconi, a bilicar cavalletti, a scuotere fuor delle finestre lenzuola e coperte, a trar dagli armadi certi candelieri d’ottone tenuti in serbo per le grandi