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il mutilato. 269

quentemente la fantasia alla vista d’un luogo a cui siamo legati per un caro ricordo, il povero mutilato rivisse in quella sera, dimenticò il tempo che era trascorso fra quella sera e quel giorno, dimenticò tutto ciò che era accaduto in quel tempo, la guerra, la ferita, la gamba recisa; il pensiero che di lì a poco avrebbe riveduto quella fanciulla gli si affacciò alla mente solo, staccato da quei tanti altri pensieri dolorosi che solea trarsi dietro; il sentimento d’una felicità sovrumana gl’invase l’anima, gliela inebriò, gliela oppresse; mosso da un impulso irresistibile del cuore, fece uno sforzo per rizzarsi in piedi senza l’aiuto delle braccia, e lo fe’ sì violento, che i nervi estremi della gamba monca, premuti forte contro il legno, ne furono offesi e gli trasmisero alle reni un senso di dolore tremendo, che gli strappò un grido dal labbro e, rigettandolo duramente dalla cara illusione nel sentimento della triste realtà, lo fece cadere bocconi sulle sacca del carro, colle mani nei capelli, mormorando in accento singhiozzoso e desolato: — Oh! in questo stato non mi vorrà più! non mi vorrà più! —

Il mugnaio, che andava a piedi dinanzi al carro, si volse e gli chiese: — Vi sentite male? — Il soldato rispose seccamente di no; egli non aggiunse parola. Il poveretto stette immobile a quel modo per un lungo tratto della via, e fu meglio per lui, poichè se avesse girato lo sguardo sulla campagna, ad ogni passo gli si sarebbe svegliata una rimembranza nuova, e con essa un nuovo dolore.

Intanto, a casa sua, egli era atteso dai parenti, dai congiunti, dagli amici, i quali, avvertiti il giorno innanzi di quel caro ed insperato arrivo, erano convenuti gaiamente alla sua casa paterna per fargli un po’ di festa e un po’ di onore.