nuto si sentiva irresistibilmente sforzato a torcer la
testa all’indietro, con grave incomodo di tutta la persona.
Riprese la posizione di prima. E, gettando gli
occhi a destra e a sinistra della via, scorse, poco
lontano, una gran quercia col tronco spaccato nel mezzo,
e i rami folti e frondosi, sotto la quale v’era
un’assicella sorretta da due pietre a uso di sedile;
fissò lo sguardo su quel sedile, si toccò con una mano
la fronte come per accennare a se stesso il sorgere
improvviso d’un ricordo; gli occhi gli sfavillarono,
le gote gli si colorarono di fiamma, giunse violentemente
le mani incrocicchiando le dita, e, sempre tenendo
lo sguardo immobile là, andava abbassando e
sollevando continuamente la testa, come per dire di
sì a tutte le ricordanze che gli si andavano risvegliando,
l’una chiamata dall’altra: di sì, di sì, che gli
era proprio quello il sito dov’egli era venuto una
sera, con lei, malgrado l’ammonimento della madre:
Non v’allontanate di troppo! Ed ella non ci voleva venire,
chè gli era un dilungarsi sconvenientemente da
casa, e poi a quell’ora, a sera avanzata, sola con lui!
Ma, Dio buono, ei l’aveva tanto pregata, e il cielo era
così limpido, e l’aria così tepida, e tutta la campagna
così odorosa, che le era stato forza cedere e venire, ed
era venuta. E s’eran seduti là, su quell’assicella, e
s’erano scambiate poche parole; ma rapide, accese,
tremanti; ed egli aveva cercato la mano di lei, che, impaurita
dal pensiero del trovarsi sola con quegli che amava,
aveva stretto il pugno e lo ritraeva con gentile violenza,
ed egli aveva dovuto vincerne le dita uno per uno,
e mentre riusciva a stendere il secondo, si ripiegava il
primo, finchè la manina indolenzita si schiuse, e fu sua...
Rapito nella ricordanza di quella sera beata, il povero
mutilato, per un’allucinazione in cui ci fa cadere fre-