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264 | il mutilato. |
parve di scorgerlo, si alzò in piedi: egli disparve. Aveva imboccato quel ramo della strada che, scendendo rapidamente nella valle, menava alla città.
Raggiunse il suo reggimento sul cominciare di maggio, e d’allora in poi scrisse quasi ogni giorno una lettera a casa, e ne ricevette una quasi ogni giorno, o di sua madre, o di suo padre, o della sua sposa promessa; tutte scritte però dalla mano di quest’ultima, chè nessuno della sua famiglia era in caso di scrivere da farsi capire; solamente il babbo sapeva un po’ d’abbaco pel suo consumo.
Fu alla battaglia del ventiquattro giugno. Dopo quel giorno trascorsero due settimane senza che i suoi ricevessero nemmeno un rigo da lui. Figuratevi le ansietà, i batticuori, il non sapersi dar pace di quella povera gente. Ma un bel giorno, come Dio volle, una lettera venne. Fu una festa. L’apersero colle mani tremanti.... Ah! non era scritta di suo pugno: impallidirono. Ma lettala, si rifecero un po’ dal primo spavento, poichè egli scriveva d’una lieve ferita toccata in una mano il giorno della battaglia, una ferita lievissima, di cui tra pochi giorni sarebbe sparita ogni traccia; e che si sarebbe già levato da letto se non era la febbre venutagli addosso a cagione di quel po’ di sangue perduto; stessero di buon animo che la era cosa da non darsene pensiero; solamente lo scusassero del non iscriver egli le lettere di suo pugno, la mano ferita essendo la destra, e dolendogliene le dita tuttavia; poco però, pochissimo, quasi niente. La famiglia a poco a poco si tranquillò. Dopo una settimana da quel giorno ricevettero una prima lettera coi suoi caratteri, seppero ch’egli era ritornato al suo reggimento, e di quella piccola sventura non fecero più parola se non per dire che a quel poveretto gliene potrebbe ancora incogliere di assai peggiori, e che