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il mutilato. | 261 |
ghi aspetti, e si destano poi da quelle gentili e meste fantasie come da un sogno.
Oh! quell’ora della sera, in campagna, è un’ora mesta. Anche se vi trovaste al fianco della donna che amate, nel colmo della vostra felicità, non vi passerebbero per la mente che delle meste immagini, non vi sonerebbero sul labbro che delle meste parole.
Appunto in quell’ora, la sera di uno dei primi giorni di maggio del milleottocento sessantasei, in una viuzza deserta che correva a traverso la china d’un colle, accanto a uno di que’ tabernacoli campestri dov’è dipinta l’immagine della madonna sullo sfondo d’una nicchia, stavano parlando sommessamente fra loro una giovinetta e un soldato; quella seduta sur una grossa pietra addossata a uno spigolo del tabernacolo, coi gomiti appuntellati sulle ginocchia e il mento sulle palme; questi ritto accanto a lei, appoggiato con una spalla al muro e le braccia incrocicchiate sul petto. Aveva in capo il berretto, come usano chiamarlo i militari, da fatica; aveva indosso il cappotto, e ai piedi lo zaino, e su questo un involto. La giovinetta aveva nell’atteggiamento un non so che di abbandonato e di stanco, e tenea gli occhi immobili a terra; un lumicino che ardeva dinanzi all’immagine di Maria le gettava un chiarore velato sul volto mezzo nascoso fra le mani, e lasciava scorgere intorno ai suoi occhi l’impronta d’un lungo pianto. Il soldato, senza cinturino e senz’armi, aveva l’aspetto di un soldato in congedo, ed era tale difatti, e apparteneva ad una delle classi che erano state richiamate alle armi il giorno ventottesimo di aprile, e il settimo giorno dopo la pubblicazione dell’ordine regio si dovevano presentare ai comandanti militari dei circondari. Quel soldato si doveva trovare l’indomani nella vicina città, la quale distava una diecina di miglia, o giù di lì, da quel luogo.