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il campo. 255


Le coppie sono in moto, girano, rigirano, si rasentano, s’incontrano, si urtano, si sbalzano a destra, a sinistra, avanti, indietro, le schiene contro le schiene, i fianchi contro i fianchi, le calcagna sui calli, via, alla cieca, alla pazza, ove si va si va, ove si cade si cade, ci ha da esser posto per tutti, se non c’è si fa, a urtoni, a pedate, e spingi, e pigia, e barcolla, e strilla, e sghignazza; in un minuto l’erba del suolo è sparita sotto i passi pesanti, il terreno si è smosso, le coppie si sono scambiate, confuse, o rotte, o aggruppate; altre caddero bocconi a terra, e i danzatori vi passarono su, o v’inciamparono e precipitarono anch’essi; altre furono sbalzate in mezzo alla folla circostante; ma, in mezzo a quel guazzabuglio, il lombardo continua a danzare imperturbato con quel suo molleggiamento di fianchi, con quei suoi contorcimenti di capo e di spalle e quelli incrociamenti di gambe e quel piegar improvviso di ginocchia come fosse in punto di cadere e improvviso rizzarsi come per iscatto di molla; e il piemontese tira innanzi impassibile, rigido, grave, e piglia la cosa sul serio, e ci si scalda, e ci si mette d’impegno, e fa pompa anch’esso delle sue grazie robuste; e i calabresi, due a due, l’uno di faccia all’altro, col collo torto, le braccia aperte, e la faccia atteggiata a certe smorfie grottesche, ringalluzziti, ricurvi, seguitano a raspar la terra rapidamente, rapidamente.....

Che è? Che avvenne?

Nel campo s’è fatto un silenzio improvviso, profondo; tutte le faccie si son volte da una parte; chi giaceva a terra s’è alzato; chi era ai limiti estremi del campo è accorso verso il mezzo; sotto la baracca del vivandiere, gli avventori si son rizzati in piedi sulle tavole e sui banchi; altri sono saliti sui carri; tutti sono usciti dalla tenda. — Che è? Che avvenne?