cavaliere — colonnello — comandante il reggimento? — La
sentinella gli fa segno che passi e gli accenna colla
mano la tenda del colonnello. Un barbone di zappatore
corre ad annunziargli la visita. La famigliuola si fa innanzi
a passo lento, rispettosa, circospetta; il colonnello
esce, guarda, si ferma, aggrotta le ciglia come per distinguer
meglio, guarda un momento al cielo come per
riannodare le sparse reminiscenze di que’ volti, li ricorda,
li riguarda, li riconosce, e spianando d’un tratto la
fronte, e mandando fuori un oh! prolungato di sorpresa
e di contentezza, s’avanza colle braccia tese e le
palme aperte.... E lì, figuratevi, accoglienze ed inchini
e domande e risposte affollate, e passar di palme sotto
il mento ai bimbi, che son venuti su a occhiate, proprio,
e si son fatti così bellini, e poi: — Eh, signora,
esclama il colonnello per avviare un discorso qualunque,
l’effettivo delle compagnie è forte, sa! Cento cinquant’uomini
l’una, nientemeno; è un piacere. E che bel campo,
eh? Lo vogliono vedere? Vogliono fare un giretto? — La
famigliuola acconsente e ringrazia; il colonnello,
dopo un po’ di riflessione, si pone al lato sinistro della
signora, il marito al lato destro, i ragazzi avanti; la brigatella
si muove. Tutti le fanno largo. Gli uffiziali la salutano.
Un bisbiglio sommesso la precede; un bisbiglio
sommesso la segue. E il colonnello, da quel rozzo e buon
soldatone ch’egli è, costretto all’ingrato ufficio di cavaliere
servente, dice alla signora: — Ecco, le vede là?
Quelle son le marmitte della terza compagnia; quell’altre
della quarta; codest’altre della quinta. Ella mi dirà
che sono in cattivo stato, ed è vero; ma che vuole perchè.... — E
le spiega il perchè. E la signora, in
mezzo a quelle due ali di soldati, non sa dissimulare un
po’ d’imbarazzo, un po’ di vergognetta; ma il papà,
che sa di aver a fianco un colonnello, si sente maggior