Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/26

18 l’ordinanza.

amorosa, sento che tanto è rispettoso il cenno che gli faccio io perchè abbassi la mano quanto è rispettoso l’atto che egli fa per alzarla... E quest’uomo mi abbandona, — mi lascia solo, — parte, — non tornerà più! Ma no! no! io lo andrò a trovare, io! Lo andrò a cercare quando sarà in congedo; il nome del suo paesello lo so, domanderò quello della sua parrocchia, quello del suo poderetto, correrò là, lo sorprenderò a lavorare nei campi, lo chiamerò per nome. — Non riconosci più il tuo uffiziale? — Chi vedo! Tenente! Lei qui! egli mi dirà tutto commosso. Sì, sì! avevo bisogno di vederti! Vieni qua, mio caro soldato, abbracciami. —

In questo punto sentì su per le scale un passo leggero, lento ed ineguale, come di chi salga titubando e cerchi di indugiare la salita. Tende l’orecchio senza volger la testa; il passo si avvicina; si sente una stretta al cuore; si volge, eccolo, — è desso, — è il soldato.

Aveva la faccia turbata e gli occhi rossi; salutò, fece un passo innanzi e stette guardando il suo uffiziale. Questi tenea la testa rivolta dalla parte opposta.

— Signor tenente, io parto.

— A rivederci — gli rispose questi stringendo le labbra ad ogni parola e continuando a guardar altrove. — A rivederci... Fa buon viaggio... torna a casa... lavora... continua a vivere da buon figliuolo... come hai vissuto finora e... a rivederci.

— Signor tenente! — sclamò il soldato con voce tremante e facendo un passo verso di lui.

— Va, va, che non ti passi l’ora; va; è già tardi; sbrigati; presto.

E gli porse la mano; il soldato gliela strinse fortemente.

— Fa buon viaggio... e ricordati di me, sai? Ricordati qualche volta del tuo uffiziale.