Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/252

244 il campo.

chiato un de’ soldati più lesti: — A te, gli disse, via lo zipolo e mesci. — Tutti gli si fanno addosso tendendo gamellini, borraccie e bicchieri. — Un momento, per Dio; levatevi di lì, fatevi indietro, aspettate. — Tutti si ritraggono indietro. E mentre il soldato s’adopra a sturare la botticella ingegnandosi coll’ugne e colla punta della baionetta, e il capitano sta là curvo colle mani appoggiate sulle ginocchia a sorvegliare l’operazione, tutti gli altri, ritrattisi indietro, smozzicano fra’ denti delle risate di gusto, e si stropicciano le mani piegando e stringendo le ginocchia e inarcando la schiena, e si fan l’un l’altro certi segni taciti, certi visi, certe smorfie buffonesche, e si toccano l’un l’altro col gomito accennandosi col capo e con un chiuder di occhi furbesco quell’insolito apparato, e si passano il rovescio della mano sulla bocca come per prepararla a gustare intera la voluttà di quel nettare senz’altro umore profano sul labbro, e si scambiano dei pizzicotti furtivi, e si fregano l’un l’altro spalla contro spalla, e ad un tratto — il capitano s’è vôlto — tutti dritti, fermi, duri, seri, tanto per non parere che van pazzi per due goccie di vino. Il capitano fa cenno che si accostino; essi s’accalcano; lo zipolo è tolto; una grossa vena porporina, gorgogliando, prorompe; dieci gamellini stan sotto a raccoglierla; dopo questi dieci altri, e poi altri dieci, e via così. E giù, in corpo, a ondate. — Tocchiamo? domanda una voce. Tocchiamo! rispondono venti altre. I gamellini si levano al di sopra delle teste, si movono, girano e rigirano, si urtano, il vino trabocca e si sparge sulle teste, sulle faccie, sulle mani e colora giubbe e farsetti, e sgocciola dappertutto; ma che monta? Viva l’allegria, viva il sor capitano! esclama a mezza voce uno dei più arditi già mezzo convinto di aver fatto una corbelleria. — Viva! rispondono gli altri in coro. — Tacete, per Dio! grida