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240 | il campo. |
quattro cento, o poco meno, fra tutti; un reggimento. Le tele nette, tese; le cordicelle fisse nel suolo sur una linea retta; gli intervalli uguali; tutto in ordine, tutto appuntino; un campo fatto a pennello. Di rimpetto all’apertura delle tende, e sul di dietro, e sui lati, capannucci e tettarelli di frasche, — le hanno rubate agli alberi di quella povera campagna circostante, e il colonnello è andato in collera! — e legate ai rami, come ad archi di trionfo, ghirlande penzolanti di rosolacci e di pannocchiette intrecciate. Qua e là, in cima a una canna confitta nel suolo, sventola qualche cencio di bandiera, fatta d’una cravatta rossa, d’un lembo di camicia e d’un fazzoletto turchino, che si dà l’aria di verde. Dentro le tende, una confusione di paglia, di panni, di zaini, di cencerelli, di giberne, di canne di fucile e di baionette. Tra tenda e tenda funicelle tese, su cui sono sciorinate quelle certe mezze mutande, che dovrebbero giungere fino alla noce del piede sulle gambe supposte dal governo; ma giungono solamente fino al ginocchio sulle gambe dei soldati come li ha fatti la mamma.
A destra di tutte codeste tende, in senso parallelo al lato più corto del campo, una serie d’altre tende, ma di forma conica, e più alte, più capaci, più tese, fatte più ammodo, le tende degli uffiziali; da quella del colonnello, che è la più vicina alla via, giù giù fino a quella degli uffiziali della compagnia estrema. Più a destra, in senso parallelo a codeste tende, lungo il fosso divisorio, una lunga fila di carri sopraccarichi di casse, cassette e bauli e involti e cento oggetti svariati; dietro l’ultimo carro, nell’ultimo angolo del prato, una schiera di cavalli e di muli legati ai tronchi degli alberi. Lungo il lato opposto, — il lato sinistro, — una sterminata sequela di marmitte nere, disposte in gruppi ad