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la sentinella. 237

degli affetti, delle abitudini, dei pensieri, di tutto, insomma, sagrificio di tutto al proprio dovere, alla propria bandiera, a quei tre bei colori che noi dobbiamo aver cari più di noi stessi, più della vita, più di ogni cosa al mondo; quando dopo cinque anni passati così, il paese ti dice: Ora basta, hai fatto il dover tuo, restituiscimi quel fucile con cui m’hai difeso l’onore e la vita, e vattene a casa, chè tua madre t’aspetta, e le tue sorelle ti vogliono, e v’ha un’altra donna che la sera, affacciata alla finestra, guarda lungamente all’estremità lontana della via per cui dovrai ritornare; oh allora, credilo buon ragazzo, il poter ritornare fra le braccia della vecchia mamma colla coscienza di essere stato un bravo soldato, il poter tornare là sotto quel povero tetto colla fronte alta e col callo del fucile alle mani, credilo, è una felicità che non n’ha uguali sulla terra. Lo credi?

— .... Signor tenente!

— E tornati a casa, la sera, quando splende una bella luna, si ricomincia a ballar sull’aia, come una volta, chè quelli sono i balli che ci piacciono di più, non è vero?

Non rispondeva,

— Dico bene sì o no?

— Oh sì! sì! — proruppe quel povero soldato con una voce di cui mi sarebbe impossibile esprimere l’accento, ma che mi suona ancora nell’anima, come l’avessi udita pur ora; — oh sì che dice bene, signor tenente! Sicuro.... sicu....

Sapete perchè s’interruppe? Perchè, intenerito, agitato com’era, mosso unicamente dall’affetto, che so io? dalla gratitudine per le mie fraterne parole, il buon giovane dimenticò per un istante che io era un ufficiale, che egli era un povero coscritto, e aveva steso un braccio verso di me; ma, ravvedutosi, l’aveva subito riti-