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grida: — Là, là dall’altra parte. — Tutti si volgono dall’altra parte. E difatti, guardate lassù, a destra, sulla sommità, dove c’è quella casuccia; guardate che cosa viene. Un’altra schiera più larga, più profonda, più formidabile, irta anch’essa di baionette sfolgoranti, s’avanza in direzione opposta alla prima, serrata, rapida, risoluta. Volgetevi indietro: che mormorìo!

Quanti saranno? — Un reggimento. — No, due battaglioni. — O uno. — No, no, due. — Tre. — Sembrano bersaglieri. — Sono bersaglieri. — È linea. — Bersaglieri. — Ma no. — Ma sì; si vedono i pennacchi. — Si fermano. — Ti è parso. — Sì, son fermi, ti dico. — Ma no, non vedi che si muovono? —

Intanto il terreno, fra quelle due schiere, scemava. Noi lo misuravamo, trepidando, di momento in momento. Lo sguardo correva senza posa da questa schiera a quella, da quella a questa, rapido come il pensiero, avido, teso; tutta l’anima era negli occhi; tutta l’anima era lassù. E il terreno framezzo diminuiva, diminuiva; e le due schiere erano molto vicine, e camminavano rapide rapide e già un po’ disordinate e confuse; e noi sempre cogli occhi dilatati, immobili, inchiodati là; il cuore batteva, batteva; il respiro era sospeso.

Tutt’ad un tratto, quasi ad un tempo, una vivida luce balenò sopra quelle due schiere, calò, si spense: avevano abbassato le baionette; subito dopo, di corsa. Un urlo, che dovette essere formidabile, giunse fioco fioco fino a noi.

Rispondemmo con un fremito.

Eccole, sono a pochi passi, stanno per urtarsi, si sono urtate: una di esse cede, si allarga, indietreggia, si rompe, si sparpaglia a destra, a sinistra...; è in fuga.

Un nuovo grido, un grido di gioia, ci giunse; e questa volta rispondemmo anche noi. Il nostro grido,