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216 quel giorno.


— Siate schietto, e non cercate più in là; cominciate.

— Comincio, e prima di tutto.... un’idea del terreno. Attenta. Poniamo che questa sia la catena delle Alpi: quel contrafforte che si stacca....

— Della topografia? Oh per carità!

— Non ne volete? Mi spiegherò in altro modo; sarà meglio. Poniamo di essere in mezzo alla campagna, all’aperto, di mattina, un bel giorno d’estate, limpido e tranquillo. Poniamo che a cominciar di qua, sotto i nostri piedi, il terreno si vada dolcemente sollevando e salga e salga e salga fino a formare una bella collina, larga, alta, a curve regolari, di cui la cresta si disegni là sull’orizzonte, a un quarto d’ora, a una mezz’ora di strada da noi; una bella collina verde, sparsa fino a mezzo il declive di siepi, d’alberi e di lunghi filari di viti; solcata da fossi, percorsa in tutti i sensi da sentieri e da muricciuoli di ciottoli ammonticchiati, come si usano per segnare i confini delle terre; qui un tratto di terreno tutto coperto di erbicelle e di piante; là smosso, rossastro, ingombro di sassi; qui un tratto facile, quasi piano; là un tratto subitamente ripido e nudo. L’avete presente? La vedete?

— La vedo.

— Bene. Supponete ancora un’altra cosa. Supponete che una buona parte della collina, dalla cresta in giù, sia affatto sgombra d’alberi e di case, rasa, netta, e vi batta il sole, così che vi si scorga distintamente ogni solco, ogni arboscello, ogni persona; se persone vi fossero. Una persona la si vegga, supponiamo, alta così, tanto da distinguere s’ella è un uomo o una donna. Ridete? Vi dico questo per darvi un’idea della distanza.

— Capisco.

— E dunque? Ora.... volgetevi indietro. Suppo-