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212 carmela.


— Andiamo! — disse risolutamente l’ufficiale, e s’avviò per uscire....

Un grido altissimo, disperato, straziante proruppe dal seno di Carmela. Nello stesso punto ella si slanciò d’un salto sul tenente, se gli avviticchiò con sovrumana forza alla vita, e prese a baciarlo furiosamente nel viso, nel collo e pel petto, dove le veniva, singhiozzando, gridando, gemendo, palpandogli le spalle, le braccia, la testa, come farebbe una madre al figliuolo recatole in salvo fuor dell’onde, da cui poco prima travolto, ella l’avesse visto tendere le braccia e domandare soccorso. Dopo pochi momenti la povera fanciulla cadde senza sensi sul pavimento colla testa ai piedi dell’ufficiale.

Era salva.

L’ufficiale si gettò nelle braccia del dottore che già stavano aperte ad aspettarlo. La madre si chinò a baciare e bagnar di lagrime la figliuola. Tutti gli astanti alzarono il volto e le braccia in atto di ringraziare il Cielo. La musica continuava a sonare.


Quattro mesi dopo, in una bellissima notte di settembre, chiara che pareva di giorno, il bastimento che era partito la sera da Tunisi e s’era fermato, come sempre, dinanzi al porto del nostro piccolo paese, s’andava avvicinando rapidamente alla costa siciliana. Le acque erano così tranquille, che il bastimento pareva non si movesse. I passeggieri eran tutti saliti a poppa e stavano contemplando in silenzio il cielo purissimo e il mare illuminato dalla luna.

Appartati dagli altri e volti dalla parte opposta alla direzione del legno, v’erano un giovanotto e una signorina appoggiati al parapetto, stretti pel braccio, e colle teste ravvicinate in modo che quasi si toccavano. Lontano lontano si vedeva ancora confusamente l’isola