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196 carmela.

ciarmi, carezzarmi come fan le madri a’ bambini... Ho provato a fare lo stesso io a lei, e con che cuore io lo facessi, te lo lascio immaginare, chè non ti saprei dire se provassi ribrezzo, o paura, o vergogna, o rimorso, o tutto questo insieme; fatto sta che, baciandola, tremavo e impallidivo come se baciassi un cadavere. E alle volte mi pareva di fare un sacrificio generoso e n’esultavo profondamente, e miste ai baci le lasciavo cadere sulle guancie le lacrime; e in cert’altri momenti mi pareva di commettere un delitto e sentivo orrore di me stesso.... Ho sofferto il soffribile, caro amico, e tutto invano. E quanto cresceva la disperazione tanto mi ardeva più viva e più ostinata nel cuore questa maledetta febbre.... E non posso dormire la notte perchè so ch’essa è già accovacciata dinanzi alla mia porta, e, martellato come sono continuamente da quest’idea, mi par di dover sentire da un momento all’altro picchiar nei vetri e veder apparire al di sopra del davanzale quel viso stravolto, e piantarsi nei miei quei due occhi immobili e senza sguardo! Altre volte mi par di sentirla udire su per le scale e balzo a sedere sul letto, o mi par di udire giù nella piazza un suo scroscio di risa, e quelle risa mi fan l’effetto d’una mano di ghiaccio sul cuore, e non ho coraggio di affacciarmi alla finestra a guardare. E mi metto a leggere, a scrivere, ma sempre colla mente a lei, sempre tristo, irrequieto, quasi pauroso, non so nemmen io di che. E allorchè mi domando quando finirà quest’angosciosa vita, e come finirà, e che traccia ne resterà nel mio cuore, io non ardisco rispondermi, ho paura della mia risposta, e mi caccio le mani nei capelli.... come un disperato.... Oh amico! dimmi che non diventerò pazzo anch’io perchè io sento che il mio cuore si spezza e che io non reggo a questa vita...; non reggo, non reggo. —