ciarmi, carezzarmi come fan le madri a’ bambini... Ho
provato a fare lo stesso io a lei, e con che cuore io lo
facessi, te lo lascio immaginare, chè non ti saprei dire
se provassi ribrezzo, o paura, o vergogna, o rimorso,
o tutto questo insieme; fatto sta che, baciandola, tremavo
e impallidivo come se baciassi un cadavere. E alle volte
mi pareva di fare un sacrificio generoso e n’esultavo
profondamente, e miste ai baci le lasciavo cadere sulle
guancie le lacrime; e in cert’altri momenti mi pareva di
commettere un delitto e sentivo orrore di me stesso....
Ho sofferto il soffribile, caro amico, e tutto invano.
E quanto cresceva la disperazione tanto mi ardeva più
viva e più ostinata nel cuore questa maledetta febbre....
E non posso dormire la notte perchè so ch’essa è già
accovacciata dinanzi alla mia porta, e, martellato come
sono continuamente da quest’idea, mi par di dover sentire
da un momento all’altro picchiar nei vetri e veder
apparire al di sopra del davanzale quel viso stravolto, e
piantarsi nei miei quei due occhi immobili e senza sguardo!
Altre volte mi par di sentirla udire su per le scale e
balzo a sedere sul letto, o mi par di udire giù nella piazza
un suo scroscio di risa, e quelle risa mi fan l’effetto
d’una mano di ghiaccio sul cuore, e non ho coraggio
di affacciarmi alla finestra a guardare. E mi metto a
leggere, a scrivere, ma sempre colla mente a lei, sempre
tristo, irrequieto, quasi pauroso, non so nemmen
io di che. E allorchè mi domando quando finirà quest’angosciosa
vita, e come finirà, e che traccia ne resterà
nel mio cuore, io non ardisco rispondermi, ho
paura della mia risposta, e mi caccio le mani nei capelli....
come un disperato.... Oh amico! dimmi che
non diventerò pazzo anch’io perchè io sento che il mio
cuore si spezza e che io non reggo a questa vita...; non
reggo, non reggo. —