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carmela. 195

a meno di dir tra me: Peccato! Peccato che quest’occhio di sole non si possa amare! Ma non sai che quella ragazza lì, se avesse la ragione come tutte l’altre, sarebbe un visetto da far girare la testa a chi sa chi? E anche adesso ci son dei momenti che, se non si sapesse che è pazza, si starebbe per fare uno sproposito; per esempio, quando ti guarda fiso negli occhi e poi sorride e ti dice: — caro, — e la sera, al buio, quando non la vedi nel viso, e la senti soltanto parlare e dirti soavemente che t’aspettava, che vuol stare con te fino al mattino, che sei il suo angelo... che so io? in quei momenti non ti par pazza. Io la guardo, l’ascolto come se fosse in sè e sentisse veramente quel che mi dice, e ti assicuro che, mentre l’illusione mi dura, il cuore mi batte;.... ma, ti dico, mi batte come se fossi innamorato. E provo a chiamarla per nome, non so perchè... con una certa idea... colla fissazione ch’essa mi debba rispondere qualcosa che me la riveli guarita tutto ad un tratto... — Carmela! — le dico. Ed essa: — Che vuoi? — Tu non sei pazza, non è vero? — le domando. — Io pazza? — essa mi risponde, e mi guarda con una cert’aria di sorpresa che mi farebbe giurare che non l’è — Carmela! — allora le grido esaltato improvvisamente da una dolce speranza. — Dimmelo un’altra volta che non sei pazza!... — Mi guarda attonita un po’ di tempo e poi scoppia in una gran risata. Oh! amico, credilo, allora, lì su quel subito, darei la testa nel muro. Tu sai quant’ho fatto per veder di restituirle la ragione; ma non sai tutto. Quasi ogni sera io me la son fatta venire in casa, le ho parlato per ore intere, le ho sonato e cantato le canzoni che il suo amante le cantava, ho provato a dirle che ero innamorato di lei, a colmarla di carezze, a finger di piangere e di disperarmi, a lasciarla fare di me quel che voleva, baciarmi, abbrac-