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192 carmela.


L’ultimo dì, nel seno
     Il volto scolorito
     Ti celerò, sereno
     Come un fanciul sopito,
     E morirò così.


— Me la dica ancora una volta. — Il ricevitore la ripeteva. — Me la canti. — E la cantava.

Un altro giorno, dopo aver parlato a lungo col tabaccaio che avea la bottega accanto a casa sua, andò dal maresciallo dei carabinieri e gli disse: — Maresciallo, mi hanno detto che lei è un eccellente schermitore. — Io? Oh Dio buono, son due anni che non ho più preso la sciabola in mano. — Vuol che si scambi un par di colpi di tanto in tanto? — E come volentieri. — Allora fissiamo il quando. — E fissarono il quando. E da quel giorno in poi, ogni mattina, tutti coloro che attraversavano la piazza sentivano un gran cozzare di sciabole e un gran pestar di piedi e sbuffi e vociaccie nella casa del tenente. Era lui e il maresciallo che giocavan di scherma. — Quest’esperimento potevi risparmiartelo, — disse un giorno il dottore all’ufficiale; — ha dato segno di nulla? — Di nulla; ma era bene provare. M’han detto ch’egli tirava ogni mattina col maresciallo, appunto a quell’ora, e ch’essa, non piacendole di stare a vedere, scendeva in piazza.... — Oh sì, ci vuol’altro, mio caro, ci vuol’altro!

VII.

Era trascorso un mese e mezzo dal giorno dell’arrivo del nuovo distaccamento. Una notte l’ufficiale stava a tavolino in casa sua, di fronte al dottore, e colla punta della penna stuzzicando la fiammella della candela che