Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/196

188 carmela.

porta; ma inutilmente, ch’era buio perfetto. Avanti, avanti, sempre più a rilento, soffermandosi, serpeggiando, guatando... — Se sapessi che là c’è un malandrino che m’aspetta col coltello in mano, mi pare che andrei innanzi più franco e più spedito, — disse tra sè, e fece risolutamente dieci o dodici passi. — Ah! eccola là. — L’aveva scorta; era seduta sopra uno scalino al di fuori della porta; ma buio com’era, egli non potea vederla nel viso. — Che cosa fate qui? — le domandò avvicinandosele. Essa non rispose subito, s’alzò, se gli mise proprio petto a petto, e, posandogli tutt’e due le mani sulle spalle, con una vocina soave e un certo accento che parea parlasse del miglior senno del mondo, gli disse: — T’aspettavo.... dormivo. — E perchè m’aspettavi? — domandò ancora l’ufficiale levandosi di sulle spalle quelle due mani che scesero subito a stringergli le braccia. — Perchè voglio stare con te, — essa rispose. — Che accento! egli pensò; in verità che si direbbe che parla da senno. — E cavato subito di tasca un fiammifero, l’accese e l’avvicinò al viso di Carmela per vederla bene negli occhi. La stanchezza, — poichè ella era stata in giro tutta la giornata, — e più quel breve sonno da cui allora si destava, avendo tolto alla sua fisonomia un po’ di quella vivezza smodata e convulsa che le era abituale, e diffusovi invece una tinta come di languore e di malinconia, in quel punto il suo viso era veramente incantevole, e parea tutt’altro che di pazza.

— Oh caro, caro! — proruppe Carmela appena vide la faccia rischiarata del tenente, e allungando il braccio tentò di stringergli il mento tra l’indice e il pollice. Egli l’afferrò per un braccio; essa alla sua volti afferrò coll’altro il braccio che l’avea afferrata, gli inchiodò la bocca sulla mano, glie la baciò e glie la morse. L’ufficiale si svincolò, si slanciò in casa e chiuse la porta.