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l’ordinanza. 11

re; — grazie, l’altro aveva voluto rispondere, tu mi hai anticipato la gioia. —

Dopo tutto ciò ritornavano entrambi ai soliti modi taciturni e severi. Nè mai una volta il fiero soldato, o presentandosi al suo uffiziale, o pigliandone comiato, dimenticava di fissargli gli occhi in faccia, alzando la testa, portando energicamente la mano al cheppì, ritto, immobile e fiero. Partendo, il suo fronte indietro era sempre fatto a norma del regolamento.

Vivevano assieme da soli quattro anni; ma il soldato, che aveva cominciato a far l’ordinanza dopo il primo anno di servizio, stava per compiere la sua ferma.

Un giorno giunse al comandante del corpo l’ordine di congedar la sua classe.

Quel giorno, fra l’uffiziale e il soldato passarono poche parole più del consueto; ma i due cuori si favellarono lungamente. — Comanda altro? — Nulla... È giunto l’ordine di congedare la tua classe; fra dieci giorni tu partirai.

Seguì un breve silenzio senza che i loro occhi s’incontrassero... — Posso andare? — Va pure. — Questa volta si era aggiunto un pure, ed era già un gran passo sulla via delle tenerezze.

Si strinse il cuore ad entrambi; non però ad entrambi ugualmente. L’uno perdeva un amico, anzi, più che un amico, un fratello, che l’amava d’un affetto reverente, religioso. L’altro perdeva del pari un amico, un fratello; ma quegli restava, questi tornava a casa. E ciò gli era un grande sollievo. Tornare a casa! Dopo tanti anni, dopo tanti pericoli, dopo aver tante volte la sera, nel campo, quando squillano le lunghe e melanconiche note del silenzio, e sotto le tende muoiono i lumicini, e in tutta quella mobile città di tela, poc’anzi così animata ed allegra, si sparge una quiete profonda;