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176 carmela.

stale diretto a Tunisi si fermava all’imboccatura del porto di quel piccolo paese. Fin dal suo primo apparire si era suonata la campana a distesa, e tutta la popolazione era accorsa, fra cui il comandante del distaccamento, i soldati, il sindaco, il giudice, il parroco, il delegato di pubblica sicurezza, il ricevitore, il comandante del porto, il maresciallo dei carabinieri, e un giovane medico militare, aggregato al distaccamento per il servizio sanitario dei «coatti.» Due barconi s’avvicinarono al legno e presero e trasportarono a terra trentadue soldati di fanteria e un ufficiale, un bel giovanotto bianco, biondo, e di gentile aspetto (dico così perchè c’è il verso bell’e fatto), il quale, data una stretta di mano al suo collega, e risposto cortesemente alle liete accoglienze delle autorità, in mezzo a due ali di curiosi entrò nel paese alla testa del suo pelottone. Acquartierato che l’ebbe, egli tornò subito in mezzo al crocchio dei personaggi che l’aspettavano in mezzo alla piazza, e il sindaco glieli presentò ad uno ad uno con un certo fare tra l’allegro ed il serio, pieno di cordiale famigliarità e temperato d’un po’ di innocente sussiego. Terminata la cerimonia, il gruppo si sciolse, e l’ufficiale, rimasto solo col suo collega, si fece condurre alla casa che gli era destinata. Quivi l’ordinanza dell’ufficiale che partiva stava facendo i bauli, e quella del nuovo arrivato affrettava il momento d’aprirli dando una mano al suo camerata. Di lì a un’ora tutto era al posto.

Il distaccamento che doveva andarsene partì la sera stessa intorno alle otto, accompagnato al porto dal distaccamento che rimaneva, e il nostro ufficiale, appena detto addio al compagno, si ritirò in casa e si mise a letto, chè, stanco com’era del viaggio e dell’esser stato tutto il giorno in faccende, si sentiva un gran bisogno di dormire. E dormì proprio di gusto.