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un mazzolino di fiori. 173


— Grazie! egli rispose con voce commossa. — E adesso... siccome io parto e ritorno al mio paese... vorrei pregarla... di accettare una mia memoria.

Mia madre ed io tornammo a guardarci meravigliati.

— La vuole accettare, signore? — domandò egli timidamente, e con un accento affettuoso.

— ... Vediamola, — risposi.

— Eccola, — egli disse, e allargando il mantello coi gomiti, scoperse e mi accennò collo sguardo un mazzetto di fiorì che portava nell’abbottonatura del panciotto.

— Ah! il soldato del corso! — gridò mia madre.

— Lui! — io esclamai con trasporto e mi slanciai per abbracciarlo; — gli cadde il mantello; mia madre mise un grido di terrore: — Dio mio!

— Che cosa c’è? — domandai voltandomi.

Nello stesso tempo vidi che a quel povero giovane mancavano tutt’e due le mani.

Le aveva perdute a San Martino.

Non so veramente come nè perchè; ma da quel giorno in poi il mio desiderio di fare il soldato si mutò in ferma risoluzione; vestire la divisa militare mi parve quasi un omaggio alla sventura di quel povero giovane. Ed eccomi soldato. Ed ecco perchè ogni volta che vedo un soldato di cavalleria al corso mi sento battere il cuore come per un vecchio amico e vorrei essere un bambino per gettargli un mazzo di fiori.

— E quel soldato?... — domandò vivamente la signora.

— È morto.

— Dove?

— In casa nostra, tra le mie braccia, presente mia madre, con un mazzolino di fiori sul capezzale. —