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un mazzolino di fiori. 167

chè lo ha provocato? Non era meglio finger di non sentire? —

Il mio amico mi guardò; io guardai lui, e ridemmo tutti e due.

— Perchè ridono?

— Senta, signora — quegli rispose. — Posto pure, cosa che non è, ch’io dovessi fingere di non sentire, come l’avrei potuto se l’ira mi accese il sangue e mi spense ogni lume di ragione? Sapevo io che cosa mi facessi in quel momento?

— Certo che....

— E poi la gente che era là attorno aveva sentito, e poi l’offesa colpiva tutto l’esercito, e poi quelle parole erano una menzogna, e poi, appunto in quell’occasione, quella menzogna era una calunnia, e poi il tuono di voce con cui quella calunnia era stata proferita sonava come una provocazione, e poi quel signore, come seppi in seguito e come non poteva essere altrimenti, perchè vi sono delle parole che rivelano tutta l’anima d’un uomo, quel signore era un...

— Zitto! zitto! non occorre ch’io lo sappia.

— E poi c’era un’altra ragione per cui quelle parole dovevano riuscirmi tanto amare e oltraggiose, e questa ragione gliela voglio dire. Ascolti. Quattordici anni fa...

— Niente meno!

— Senta; ero a Torino colla mia famiglia; avevo sette anni. Il penultimo giorno di carnovale mia madre mi mise un bel vestitino da maschera, tutto di seta a striscie bianche e celesti, con una sciarpa rossa, una parrucca di ricci biondi e un berrettino di velluto verde, e mi condusse al corso in carrozza. C’era con noi mio padre e un maggiore d’artiglieria suo amico. Avevamo molti mazzi di fiori e un gran canestro di confetti. Le strade erano stivate di gente; un’infinità di carrozze;