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144 | il coscritto. |
come se non avesse inteso o voluto intendere nulla gli disse:
— Tirati un po’ in giù quella cravatta (e l’aiutò egli stesso); così; ora va bene. Voltati. —
Il soldato si voltò; l’ufficiale gli afferrò e gli tirò le falde del cappotto: — Il cappotto non deve far grinze, dev’esser liscio come un busto. Voltati. —
Si voltò; l’ufficiale gli accomodò il berretto. — Così; un po’ per traverso, chè dia l’aria di monello. —
Il coscritto sorrise.
— E sta’ ben ritto sulla vita, e tieni la testa alta, e quando cammini, cammina sciolto, franco, svelto, come quando giuocavi alle bocce nel cortile di casa nostra, ti ricordi? —
Rise, e accennò di sì.
— Oh bene, — continuò l’ufficiale appoggiando le spalle al muro e una gamba sull’altra; — e guarda sempre tutti nel viso, perchè non hai da aver paura nè da vergognarti di nessuno; hai capito? Passasse anche il Re, e tu alza la fronte e piantagli gli occhi negli occhi come per dirgli: — son io, — chè il rispetto, noi soldati, lo dobbiamo mostrare in codesto modo; ricordatene. —
Il soldato accennò di sì; si cominciava a rasserenare.
— E ricordati pure che, una volta entrati in caserma, bisogna cambiar maniera di parlare; poche parole, ma franche, sonore e vibrate, con chiunque tu parli: sì e no, no e sì, e se non hai da dir altro, tanto meglio. E quando sei in riga, gli è come se fossi in chiesa, e zitto; rotte le righe, sei a casa tua; e se gli altri fanno il chiasso, e tu fallo più di loro, e non istar soltanto a vedere, che vien la malinconia; cacciaviti subito dentro. E vogli bene ai tuoi compagni, chè troverai degli amici d’oro, te lo prometto; troverai dei giovinotti