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142 | il coscritto. |
— Ma sapete che siete un minchione di nuovo conio, voi?... Vi domando perchè ridete.
— Ecco..., rispose il coscritto, abbassando gli occhi e stropicciandosi con tutt’e due le mani una falda; — io sapevo che lei era qui in questo reggimento, e mi ci hanno mandato anche me.... Già lei non si ricorderà più; ma io sì; lei è tre anni che è andato via, e io lo conoscevo, e conoscevo anche la sua famiglia; ma loro non conoscevano noi, ed eravamo vicini di casa, e la mattina io lo vedeva sempre passare che andava a caccia, e.... siamo dello stesso paese, ecco.
— Ah! ora capisco — rispose l’ufficiale guardandolo attentamente per raccapezzare chi fosse.
— Io sapevo che lei era andato a far l’uffiziale quando è partito, e ch’era entrato nel collegio, e poi non è più tornato, e intanto hanno rifatto la facciata del duomo e nella piazza hanno messo su un caffè grande.... (e guardò intorno), quasi grande come mezzo questo cortile, ed è sempre pieno di gente....
— Aspetta, aspetta; ora mi ricordo; Renzo, ti chiami, non è vero?
— Proprio! —
— Stavi in quella casina accanto alla chiesa fuor del paese, mi pare.
— Oh Dio!... Già, sicuro, nella casina fuor del paese. —
E non potea più star nella pelle quel povero giovanotto.
— Mi ricordo benissimo. E.... dimmi un po’: come ti trovi contento di fare il soldato? —
Il coscritto mutò viso ad un tratto, abbassò gli occhi e tacque.
— Perchè non sei uscito a passeggiare cogli altri? —
Non rispose, e si guardava le unghie come pen-