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una marcia d’estate. 7

file si sono serrate, chi stava addietro ha raggiunto la sua compagnia, gli ufficiali sono tornati al posto... — Ma questo sole brucia il cervello! Questo è un caldo d’Africa! È impossibile resistere!... I piedi non han più forza di sollevarsi da terra, strisciano; le braccia cadono spenzoloni, il cinturino scivola giù dai fianchi, le cinghie dello zaino segano le spalle, il cappotto opprime lo stomaco... E non si arriva mai! E dove ci vogliono condurre?

— Una fontana! una fontana! — Un grido di gioia risponde all’avviso. Gli ordini si rompono, tutti accorrono; a cinque, a sei, a dieci si cacciano a corpo morto sull’acqua: urti, spintoni, litigi, grida, percosse. — Al posto, al posto, per Dio! — tuona un ufficiale sdegnato. La turba si rompe e si sperde in tutte le direzioni; molti, lo stomaco gravato dall’acqua, tentano invano di raggiungere il proprio posto; altri vi giungono dopo una corsa affannosa e sono costretti a fermarsi poco dopo; altri restano là ancora per un sorso, per una goccia, un minuto, un momento!... Le forze mancano, i vacui si allargano, i fossi si popolano di estenuati; tutto vacilla, tutto cade... All’improvviso, allo svoltare della via, si vede un campanile, un villaggio. — È la tappa! È la tappa! — Il grido si propaga in un istante dalla testa alla coda; l’effetto è mirabile; le forze si rinfrancano, le file si serrano, le compagnie si riformano, gli sbandati accorrono; tutto è mutato. Echeggia la musica; siamo al villaggio; si entra. Le soglie delle officine, le imboccature delle vie, le finestre, i balconi, si riempiono di curiosi; qua e là ai davanzali si affacciano dei visini atteggiati a pietosa curiosità. — Poveretti! come saranno stanchi! — Oh, gli effetti di quegli occhi! Chi andava curvo si addirizza con grande sforzo per l’ultima volta; chi zoppicava piglia un’andatura più risoluta; chi stava