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il coscritto. 139


Gli s’avvicina, lo afferra per la falda del cappotto e dandogli una gran tirata che lo fa traballare: — Guarda! — gli grida — guarda come ti sei conciato il cappotto a star lì seduto in terra come un accattone. —

Il coscritto si mette a pulir il cappotto colla mano.

— Guarda in che stato ti sei ridotto le scarpe! — e gli dà un colpo del piede nella punta dei piedi.

Questi tira fuori il fazzoletto e si china per spolverare le scarpe.

— Accomodati codesta cravatta che ti vien su fino alle orecchie. — E afferratolo per la cravatta gli dà una scrollata che un po’ più lo butta in terra.

Il coscritto alza le mani alla cravatta.

— Mettiti un po’ meglio quel berretto. —

E porta le mani al berretto.

— E tirati su quei calzoni se non vuoi che ti si sciupino in una settimana, e volta per diritto i bottoni del cappotto, e levati quegli orecchini che sono una ridicolezza, e non istar lì col mento sul petto che mi sembri un frate, e non guardar la gente con quel muso di minchione....

Il povero giovane andava toccandosi colle mani tremanti ora la cravatta, ora i calzoni, ora i bottoni, ora il berretto, e non riusciva a far nulla, e quanto più si affrettava e si affannava, e tanto meno sapeva o vedeva quel che si facesse. In quel momento passò là presso la vivandiera, giovane e belloccia, e si fermò, spietata! a guardare. Comparir ridicolo agli occhi d’una bella donna! Ah! è la più tormentosa delle vergogne! Il povero coscritto perdette affatto la testa; gingillò ancora un po’ colle dita intorno alla cravatta e ai bottoni, e poi si sentì andar giù le braccia, e il mento gli cadde sul petto e gli occhi sulla punta dei piedi, e stette così immobile come una statua; era annichilito.