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128 il figlio del reggimento.

a trovare una chitarra qui a poche miglia dalla città delle gondole e degli amori notturni. To’! —

Il poeta (scusate) prese la chitarra, si pose in atto di sonare: tutti gli si strinsero attorno, tacquero, e stettero aspettando.

— Sentite. Prima vi recito i versi, strofa e ritornello; poi la strofa la canto io e il ritornello lo cantate voialtri; va bene?

— Benissimo. Animo, cominciamo. —

Ed egli incominciò:

     Pur ti saluto anch’io,
O Venezia immortale!
Che infinito desìo,
Cara, io n’avea nel cor!
Che divino m’assale
Entusiasmo d’amor!

— Ma che! ma che! — interruppe schiamazzando quello stesso originale che avea fatto la proposta di bere; — cos’è cotesta roba? Non vogliamo delle malinconie noi, vogliamo star allegri; ci vuole una barcarola, ci vuole; ma che «immortale» ma che «disìo» ma che «fremito», ma che mi vai fantasticando, caro il mio poeta? Ti paion musi questi da fare i sentimentali? —

Tutti quelli che aveano alzato il gomito più del dovere approvarono clamorosamente.

— Bel gusto, — io risposi, — fare i buffoni! Oh ne abbiamo proprio di che, con questa probabilità che c’è in aria di dover rimetter la sciabola nel fodero, e ripigliar gloriosamente la via di Ferrara e tornarsene chi sa dove a menar la vita papaverica della guarnigione! Oh abbiamo proprio di che fare i buffoni! —

I «sentimentali» si dichiararono dalla mia, i bevitori insistettero, il poeta tenne duro, e la brigata si divise in due. Una metà si scostò da noi di alcuni passi, e ac-