Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/128

120 il figlio del reggimento.

Eravamo a pochi passi dal ponte di Goito. Pioveva. Mi toccai i panni; erano fradici. Guardai in su; il cielo era tutto velato da un nuvolone scuro, eguale, che prometteva la pioggia per tutta la giornata. Guardai intorno, pei campi; sempre soldati a stormi che procedevano lentamente, coi capi dimessi, cogli sguardi a terra. Molti di essi avevan sciolto la tela della tenda e se l’eran posta in dosso a guisa d’uno scialle per ripararsi dall’acqua; molti che avevan perduto lo zaino e la tela si ricoveravano sotto quella d’un compagno e andavano così due a due, stretti a braccetto, colle teste avviluppate; altri, perduto il cheppì, s’era posto in capo il fazzoletto; altri; buttato via lo zaino, portava la sua roba in un involto appeso alla baionetta; tutti poi camminavano a gran fatica, zoppicando e inciampando ad ogni momento. Qualcuno di tratto in tratto si arrestava e si appoggiava a un albero o si adagiava in terra, e si levava faticosamente poco dopo, e ripigliava la via. Passai sul ponte; quel ponte su cui, poche ore prima, stavan di fronte una sentinella austriaca e una sentinella italiana squadrandosi in cagnesco; entrai in Goito; svoltai a destra nella strada principale.... Quale spettacolo! A destra e sinistra della strada, sui canti, rasente i muri, sotto le gronde, sulle soglie delle botteghe e delle porte di casa, dappertutto soldati rifiniti dal cammino e dal digiuno, chi in piedi colle spalle appoggiate al muro, chi accosciato, raggricchiato, colle mani sulle ginocchia e il mento sulle mani e gli occhi vaganti qua e là con uno sguardo stanco e pieno di sonno; altri sdraiati e dormienti colla testa sullo zaino; qualcuno che sbocconcellava un tozzo di pane tenendolo stretto con tutte e due le mani e girando intorno uno sguardo sospettoso, come se altri minacciasse di venirglielo a strappare dai denti; qualcun altro che riassestava gli oggetti nello zaino,