118 |
il figlio del reggimento. |
|
allora le ire e le grida e le percosse raddoppiavano, tutte
le braccia si protendevano all’ingiù per afferrarlo le prime;
su, su, ancora un tratto, ancor un altro, eccolo;
venti mani lo afferrano, dieci bocche infocate gli s’inchiodano
agli orli, tira di qua, tira di là, l’acqua agitata
trabocca e si spande sulle faccie e sui panni e sul terreno;
chi ha bevuto? nessuno; così da per tutto. La
più parte dei soldati si erano sparpagliati pel paese;
qualche battaglione, fraintesi gli ordini ricevuti, non
era nemmeno entrato in Villafranca, e s’era diretto verso
la strada di Goito pei sentieri dei campi; ond’è che dei
corpi non restava più, si può dire, che il nucleo; il
colonnello, il portabandiera, gran parte degli ufficiali
e pochi soldati; delle bande, nessuna. La folla di cui eran
piene le strade mandava un gridìo assordante; era un
chiamarsi ad alta voce, un fender la calca a spintoni,
un correre di ufficiali qua e là ad agguantare soldati pel
braccio e riunirli e spingerli intorno alla bandiera, un
via vai di aiutanti di campo e di staffette a cavallo; nel
centro della piazza un aggrupparsi frettoloso di colonnelli
e di ufficiali di stato maggiore, un interrogare ansioso,
un dare e rivocare concitato di comandi; tutti ansanti,
co’ volti accesi; gli sguardi, gli atti, gli accenti improntati
d’un abbattimento, d’una costernazione profonda:
uno spettacolo desolante. Finalmente, come Dio volle,
seguìto da una trentina di soldati, che dovettero sfilare
uno a uno fra una colonna di carri e le ultime case del
paese, fui fuori all’aperta campagna, sulla strada che
mena a Goito. Ritrovai il mio battaglione, ridotto a uno
sciame di poco più di duecento soldati, e con esso proseguii
il calmino. A poco a poco si fece buio perfetto;
non ci si vedeva di qui a lì; mezza la strada ingombra
di carri d’artiglieria e di provianda che si fermavano
ad ogni tratto, così che s’aveva un gran da fare a non