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102 il figlio del reggimento.

niente di male, e tutte le volte che l’uno o l’altro mi veniva a far le belle e mi pigliava la voglia di lasciargli andar giù qualche.... mi trattenevo sempre e avevo pazienza. V’era delle volte che la mamma, quando avevano finito di mangiare, mi faceva portar via i piatti, e mentre li portavo via i ragazzi mi dicevano: — Guattero. — Oh Dio! Se mi avessero dato un pugno sulla testa non mi sarebbe rincresciuto tanto come sentirmi dire quella parola.... Una volta, la sera d’un giorno di festa, la mamma tornò a casa tardi tardi e aveva il viso tutto rosso e gli occhi tutti lustri lustri e parlava e rideva forte cogli altri due, e tutti e tre si posero a cenare e la mamma bevve tutta la bottiglia del vino. E dopo che ebbero finito, mi chiamò, mi pose tutti i piatti tra le mani, e mi disse: — To’, porta via, mariuolo; è il tuo mestiere. — E mi diede un calcio e si misero a ridere tutti e tre. Io non dissi niente; ma quando fui in cucina posai i piatti e mi gettai sopra una seggiola e stetti lì a piangere come un disperato, al bujo, fin che se ne andarono a dormire. Se non era Giovannina, una giovane che stava di casa vicino a noi e faceva la sarta e mi voleva bene, io sarei stato sempre tutto stracciato....

— Povero bambino! ripetè il mio amico. Io gli domandai in che modo s’era risoluto a fuggire.

— Da principio — egli rispose — io volevo scappare con una compagnia di ciarlatani, di quei che fanno i giuochi e che quando trovano dei ragazzi che nessuno li vuole, se li pigliano con sè; ma poi mi hanno detto che c’è dei giuochi che per insegnarli a fare i ciarlatani bisogna che sloghino le ossa delle spalle, e che bisogna averle slogate fin da piccoli, e io era già troppo grande, e non sono scappato. La mamma intanto continuava a trattarmi male e a darmi poco da mangiare. Ma un bel giorno cominciarono a passare i soldati dell’Italia, e tutta la