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il figlio del reggimento. |
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dal vivandiere, era corso a nascondersi in mezzo a due
tende e stava là tra impaurito ed attonito a contemplare
quello stupendo spettacolo che è un campo illuminato
dalla luna. Quella moltitudine di tende biancheggianti
in lunghe file fino a perdersi nell’ombra degli
alberi lontani; quei cinquecento fasci di baionette luccicanti;
tutta quella gente e pur quella sì profonda quiete;
e quelle voci monotone dei furieri gradatamente men
distinte e più fioche, dalla compagnia li accosto giù giù
fino all’ultima, là in fondo, dove la lanterna appare
appena appena come una lucciola; e poi il tacersi successivo
anche di queste voci, e il misterioso silenzio, e,
a un segno di tromba, il subito rompersi delle file e lo
sparpagliarsi rumoroso; e sotto le tende, al buio, quel confuso
gridìo e quell’affaccendarsi frettoloso a comporre
i letti co’ cappotti, le coperte e gli zaini, finchè a
poco a poco in tutto il vasto campo si ristabilisce la
quiete e una tromba non vista impone con prolungati e
quasi lamentevoli squilli il silenzio.... è uno spettacolo
che commove. Carluccio non aveva mai veduto un campo,
e ne rimase profondamente ammirato e quasi intenerito.
E ci sarebbe di che intenerirsi davvero, chi
potesse vedere dentro tutte quelle tende! Quanti moccolini
accesi segretamente in mezzo a due zaini, accanto
a un foglio di carta da lettere sgualcito, dinanzi a una
faccia in cui si palesano ad un tempo e la fatica del lungo
cammino e la paura dell’ufficiale di guardia, che pover’a
noi se si avvede del lume, e la lotta penosa fra
l’affetto che prorompe impaziente e la parola che s’ostina
a non venir fuori! Quello è il luogo e quella è l’ora
dei ricordi melanconici. Là, sotto quelle tende, quando
tutto tace all’intorno, là s’affollano le immagini dei parenti
lontani e degli amici del proprio paese, immagini
vive e parlanti; care, su tutte, quelle delle