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il figlio del reggimento. 97

— Non sono mica stanco, io.... non ho mica sonno.... voglio camminare ancora.... voglio.... — E s’addormentò d’un sonno profondo mormorando che non aveva bisogno di dormire e che voleva camminare. Poco più di un’ora dopo il reggimento si fermò di nuovo per qualche minuto. Appena sonata la tromba, i soldati dell’ultima compagnia, che mi avevano veduto condurre Carluccio dal vivandiere, accorsero e si affollarono intorno al carro. Un d’essi staccò la lanterna dal fucile e l’avvicinò al volto del ragazzo; gli altri si chinarono a guardarlo. Seguitava a dormire placidamente; teneva la testa appoggiata sopra un sacco di pane, ed aveva ancora gli occhi rossi e la guancia molle di lagrime. — Che bel bambino! — disse sottovoce un soldato. — Come dorme di gusto! — mormorò un altro. — Un terzo allungò la mano e gli strinse una guancia tra l’indice e il medio. — Giù quelle manaccie! — gridarono tutti gli altri. — Lascialo stare. — Lascialo dormire. — Carluccio si svegliò, e lì sul momento, a vedersi tutti quei soldati davanti, ebbe un po’ di paura; ma si tranquillò tosto, e sorrise. — Di chi sei figlio? — gli domandò un soldato. Carluccio esitò un istante e poi, sovvenendosi del mio consiglio, rispose serio serio: — Sono il figlio del reggimento.

Tutti i soldati si misero a ridere. — Chi ti ha condotto con noi? Dove fosti trovato?

Altra esitazione, e poi colla più gran serietà: — Mi hanno trovato nel fodero della bandiera. —

I soldati diedero in una risata più forte di prima. — Qua la mano, camerata! — gridò un caporale porgendogli la mano. Carluccio gli porse la sua e se la strinsero. — Anche a me! — disse un altro soldato, e Carluccio strinse la mano anche a lui. E così l’un dopo l’altro tutti gliela porsero ed egli la strinse a tutti. L’ultimo

gli disse forte: — Amici per la pelle, non è vero, bam-


De Amicis 7