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Milano soltanto i concorrenti furono 860 e, salvo errore, poco meno di 1000 a Verona; 1860 concorrenti per 80 posti! Un amico di chi scrive queste parole, avvocato di professione, esternò un giorno il desiderio di provvedersi di un amanuense; e la mattina appresso aveva già sullo scrittoio da 50 a 60 suppliche di concorrenti. Si potrebbe supporre che l’entità del lucro giustificasse tale concorrenza; ma no: il guadagno sollecitato da tanti e con tanta premura era in media di L. 15 al mese; meno cioè di quanto può guadagnare un fanciullo di 12 anni alla fucina di un fabbro ferraio o sul ponte di un muratore.
Questi fatti parlano da sé stessi con una logica inesorabile; c’è dunque una folla d’uomini, vagabondi, senza professione, senza pane; istruiti poco per levarsi di miseria col valore dell’ingegno; troppo perchè si contentino di campare la vita con un lavoro grossolano che li confonda con la classe più oscura o più umile della società. Essi cercano perciò un qualunque impiego: assediano con incessante importunità Municipi, Governo, Amministrazioni pubbliche e private.
Esca un concorso, e voi vedete questa turba sparuta levarsi e tendere le mani da tutte le parti, come attorno ad un pane scagliato nella via si addensano divorati dalla fame i cani in una città dell’Egitto.