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ficienza, e che nel caso nostro la questione è posta così: c'è una scuola che formi l’operaio? la quale domanda equivale a quest* altra: c’è una scuola per il popolo? Giacché l’operaio costituisce il nerbo della nazione ed è o la forza, o la rovina di lei secondo l’educazione che riceve.
Noi dobbiamo non soltanto rispondere negativamente a quella domanda, ma dire che le scuole esistenti non che mirino a formare l’operaio, anzi lo guastano addirittura. Si noti che questo giudizio non implica di necessità un voto di censura su queste scuole. Dire ch’elle guastano l’operaio, non vuol dire che non siano, come pur sono, uiilissime a molti. Le cognizioni che si attingono nelle pubbliche scuole popolari e tecniche in ispecie, pel loro carattere generale, per la forma in cui sono date, per la loro estensione, riescono più presto a vizio che a coltura efficace nell’istruzione dell’artigiano. Il quale da quelle cognizioni disparate, imperfette e designate con nomi ambiziosi come l’Economia e il Diritto; o aristocratiche, come il Francese e l’Ornato trae cagione a desideri immoderati e, credendo saper molto e valer molto, agogna di mutare condizione perchè quella dell’operaio, gli sembra triviale e sprezzata, facchinaggio grossolano, indegno di chi sa qualche cosa. Onde abborre l’officina, abborre la professione utile ed onorata del padre suo, e non è se