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chi ci governa, fossero accettate in buona parte dai giovani, e il nostro avvanzamento morale, filosofico, scientifico, letterario sarebbe assicurato.



Se fossi Ministro, vorrei giovare alle arti belle.

Esse sono tre mie buone amiche, che quasi appena nato mi baciarono in fronte.

La pittura, la scultura, l’architettura, mi furono fedeli nei loro amori, ed io queste tre care amiche le amai, le amo e le amerò sempre di tenerissimo affetto.

Mi piacerebbe di vedere la pittura, gentile come era gentile nella chioma della Fornarina di Raffaello, imponente come nel giudizio di Michelangelo, divina come nel Paradiso dell’Angelico.

La scultura vorrei mi presentasse dei nuovi seguaci del Donatello, nuovi imitatori del Canova, dei nuovi discepoli del Duprè, e del vivente Monteverde.

L’architettura mi piacerebbe facesse rivivere in Italia dei Bramanti, dei Paladii, degli Alessi, dei Rernini.

Questi sono i miei desiderii, i quali se da idealità passassero a realtà l’Italia avvantaggerebbe nelle sue arti e rivedrebbe i felici tempi di Leone X e di Giulio II.

Che si possa giungere a tanto temo assai, ritengo