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per questa riforma, che darebbe loro una specie di autonomia. E ciò dicendo allude alle cattive amministrazioni comunali di Sicilia.
«Questo pensiero di discentrare le grandi amministrazioni è certo meritevole di attenzione; e il vederlo trattare sui giornali, che più s’adoperarono per condurci a questo unitarismo soffocante, che ha crealo politicamente e amministrativamente e peggio burocraticamente il dio Stato, è segno che molti pregiudizii lentamente vanno scomparendo. Infatti se si guarda la nostra storia, non v’ha nazione dove il pensiero sia più omogeneo come popolo, ma dove pure il concetto regionale sia più naturale e più antico. Mentre la Francia s’univa tre secoli fa, l’Italia aveva le sue repubbliche potenti, e pur troppo divise. Ma l’indole, la coltura, l’arte, coi caratteri speciali della nazione, avevano spiccato lo stampo del genio italiano.
«La politica, seguitando il moto accentratore dato dalla rivoluzione francese, fece un’unità d’Italia che è uniformità, strozzamento delle varie regioni italiane. Nè questo fu danno tanto politico, quanto amministrativo; la sperequazione fondiaria, la disparità nelle industrie e nei commerci, la varietà dei prodotti del suolo, e quindi delle fonti di ricchezza, la diversa natura orografica delle provincie, tutto fu livellato da una legge dissennata che imponeva le strade obbligatorie ai Comuni della mon-