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Il mistero della maestra Fanari | 91 |
IL MISTERO DELLA MAESTRA FANARI.
Per qualche tempo, nondimeno, il Ratti non fu molestato. La bestia nera del parroco era per il momento la maestra di 1a, che si chiamava Elda Fanari; e la sua inimicizia datava fin dal primo arrivo della signorina nel paese, perchè, invece che da lui, s’era andata a confessare da don Pirotta. Egli l’aveva masticata così male, che un giorno non s’era potuto trattenere dal dirglielo fuor dei denti: che andando da un altro e non da lui, — prima autorità ecclesiastica del comune, e quasi suo confessore di diritto, — essa gli faceva in certo modo una manifestazione pubblica di sfiducia, che offendeva la sua dignità parrocchiale. Ma la maestra aveva tenuto duro, e il reverendo se l’era legata a un orecchio. Questo riseppe il giovane da un consigliere comunale, ex sindaco, capo dell’opposizione, avvocato senza studio, e delegato scolastico a tempo perso, che una sera al caffè gli si mise a discorrere di punto in bianco con una familiarità di collega. Era un bell’uomo di cinquant’anni, vedovo, vestito con certa attillatura di giovanotto, di fisonomia aperta e piacevole; il quale, discorrendo, metteva in mostra volentieri una larga mano inanellata.
— Ebbene, caro maestro, — gli domandò tra le prime cose, — l’ha già avuta dal nostro bravo sindaco la famosa lezione sul cui?
Vedendo il maestro sorridere, diede in una risata. E senza preamboli cominciò a rosolare l’Amministrazione, sempre celiando però, e senza lasciar trapelare nè rancore, nè invidia. Gli raccomandò, fra l’altro, di salvare i quaderni degli alunni dalle granfie di quel buon pancione di soprintendente. Un gran galantuomo, un modello di soprintendente, colto, che leggeva senza impuntare qualunque stampato; ma che aveva l’abitudine di far delle irruzioni improvvise dalla bottega nella scuola, senza lavarsi le mani, in modo che, esaminando i quaderni, ci lasciava delle ditate d’unto di lardo e di formaggio di Castelmagno, che eran