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Sindaco e parroco | 87 |
SINDACO E PARROCO.
Il giovane incominciò le sue lezioni col fermo proposito di mettere in atto il metodo che aveva riconosciuto migliore: cioè, di tener la disciplina senz’asprezza, ma severamente, nascondendo sotto una compostezza fredda la sua natura troppo indulgente, e di dare anche all’educazione del cuore un carattere d’austerità e di riserbo, che tenesse gli alunni a una distanza rispettosa da lui. Egli era così profondamente persuaso, non solo dei vantaggi, ma della necessità di questo mutamento, che credeva gli dovesse riuscir facile; e principiò subito, appena tastati i ragazzi, a proporsi d’essere particolarmente guardingo con quei sette od otto, che, per apparente gentilezza d’animo, gli ispirarono più simpatia. E i primi risultati furono eccellenti. La mattina del primo sabato, essendo venuto il sindaco a visitar la classe, dopo aver origliato all’uscio qualche minuto, fu palesemente soddisfatto del silenzio e del contegno della scolaresca.
Per prima cosa, girò l’occhio intorno per lo stanzone, rallegrato da un bel raggio di sole, e domandò al maestro, con l’aria di compiacenza di chi aspetta una buona risposta: — Che cosa le pare del locale?
Sarebbe bastata la sua figura a far indovinare la sua passione dominante, ch’era quella dell’ordine e della pulizia. Durante la sua lunga carriera amministrativa, in cui aveva raggiunto la carica di Ricevitore del Registro, quella passione, cresciuta man mano con gli anni, era stata il tormento di tutti i suoi impiegati, ed era allora l’afflizione del segretario comunale e dell’inserviente, al quale, fra l’altre cose, egli prescriveva persino che fossero tagliati in losangne regolari della stessa esatta grandezza certi pezzi di carta d’uso municipale, destinati a tutt’altra buca che a quella delle lettere. Nel villaggio si facevano le grasse risa delle cure infinite con cui, dovendo mettere una firma, spolverava la penna prima, e l’asciugava poi, per tornarla a chiudere in un forzierino, ch’egli strofinava ogni