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La festa solenne 67

dere che cos’avessero preso. Sì, in quel momento la festa era tanto più gentile quanto più la scolaresca era rozza, e il ridicolo dell’apparato e delle declamazioni non riusciva a scemarne la gentilezza.

Ma fu guastata di nuovo da uno sciocco dialogo allusivo alla festa medesima, che recitarono due bambine con gesti di marionette e intonazione pappagallesca, e da un ringraziamento declamato da un alunno alle autorità municipali, pieno di lodi goffamente adulatorie e di luoghi comuni sconsolanti.

Poi seguì un canto alternato di bimbe e di bimbi, alla Patria, nel quale s’imbrogliarono e dovettero ricominciar da capo varie volte, tanto che, presi dal timore, stentando a sprigionare la voce dalla gola strettita, non facevan più che un ronzìo di tafàni.

Infine, in mezzo a un silenzio profondo, s’alzò il sindaco, bello e sfavillante, come se quella fosse una festa fatta in suo onore. Parlò bene. Si capiva che aveva studiato il discorsetto a memoria. Lodò i ragazzi e i maestri, i parenti e le autorità, accennò ai suoi disegni di rinnovamento dei locali, fece un’allusione cortese alle signore presenti, che inchinarono il capo sorridendo; parlò della famiglia, della civiltà e della patria, e terminò con un evviva al re e all’Italia. Tutti gli invitati scattarono dalle seggiole e gli s’affollarono intorno caricandolo di congratulazioni: — Un gioiello di discorso — una festa commovente — una cosa riuscita in tutto e per tutto, come le sapeva far riuscire lui solo. — E allora comparvero servitori e contadini con rinfreschi, confetti ed arance, e tutti n’ebbero; perchè, da questo lato, non c’era a ridire: il sindaco lasciava mancare i banchi e i cartelloni alla scuola, ma nelle feste si faceva vedere. L’uscita fu una vera allegria, fatta più viva dalla confusione; e il maestro ne approfittò per dar l’ultimo saluto ai suoi superiori e a pochi altri, i quali glie lo ricambiarono in fretta, distratti, non comprendendo neppure che era un addio. Egli se l’aspettava, ma ne fu mortificato. E soprattutto lo ferì la bella signora grassa, moglie del negoziante d’olii, la quale, incontrandolo viso a viso, piccata forse della sua scomparsa dalla società, e sospettosa della cagione, gli disse con un sorriso doppio: — O il signor maestro, che non si fa più vedere! Perchè non