pale, aveva mandato tutto per aria. La maestra tratteggiava i frati uno per uno, e descriveva la scena seguita nella Giunta all’arrivo del decreto d’annullamento, con una forza comica che faceva accorrer la gente dai tavolini vicini, come ad ascoltare un’artista. Accorreva pure la gente a vedere una maestrina graziosa, che veniva spesso a Garasco, accompagnata ogni volta da una o due signore, una frugolina, rosea, ricciuta, vestita di chiaro, sempre con le mani piene di fiori, una vera immagine del ridente comune di Pieve, dove si diceva che fosse l’idolo e il trastullo di tutti, e avesse una scuoletta, uno spicchio di casa e un giardino, tutto piccolo, fresco e allegro come lei. Ma quello che divertì il Ratti più di tutti fu un maestro d’un comune della collina, un omiciattolo querimonioso, che era insieme maestro e segretario municipale, ossia doppia vittima o, come diceva lui, l’asino bicipite, sul quale venivano a ricadere tutte le fatiche e tutte le noie, tanto che non gli restavan libere nemmeno le ore della notte. Egli raccontava le sue miserie, battendosi la mano aperta sulla fronte. No, Dante non avrebbe saputo inventare un martirio come quello che davano quei due impieghi riuniti contro una sola persona. E fra le tante tribolazioni serie che aveva, ce n’era una molto comica. Avevan costrutto di fresco nel suo comune un piccolo edifizio per le scuole, con quattro camere per gl’insegnanti, lui compreso: ma quando era stato presentato il disegno dell’edifizio al sindaco, un animalone senza cuore e senza creanza, questi, vedendo che i “gabinetti„ occupavan troppo posto, li aveva cancellati di suo pugno, e alla domanda dell’ingegnere: — Come faranno i maestri? — aveva risposto villanamente: — Vadano all’erba! — E i “gabinetti„ non erano stati fatti. — E a me, — diceva — alla mia età, nel cuor dell’inverno, capisce, di notte, mi tocca di batter la campagna come un ladro! — Però — soleva concludere — il maestro Berardi sta anche peggio di me. — Era il maestro di una borgata vicino alla sua, perduto delle gambe, il quale girava per la scuola in una carrozzella, spinta da un ragazzo. Gli alunni gettavan le righe sul pavimento per impedirgli il passaggio e fargli fare dei traballoni.