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248 | Visi nuovi e amici vecchi |
più parte figliuole di contadini. Aveva una camera nell’edifizio scolastico. Le era toccato un buon direttore. Era contenta.
Il giovane la guardava: qualche cosa c’era sul suo viso che accusava tre anni di più; ma appena una traccia leggera di stanchezza e d’appassimento, che, grazie al ricco vigore della sua natura, avrebbe ancora potuto esser cancellata dalla pace e dall’amore. Non aveva ancora un filo bianco nei capelli castagni finissimi; aveva sempre quella bocca piccola, fresca, dolce, buona, su cui pareva che sbocciassero come fiori le parole belle e generose. Il Ratti la fissò con quello sguardo che cerca i ricordi, e che somiglia allo sforzo che si fa con l’udito per afferrar le note d’una musica lontana. E gli entrò nel cuore una grande dolcezza. Abbassando gli occhi sul suo petto, vide il vestito che le faceva un po’ di borsa alle spalle, — il solito difetto dei vestiti che si tagliava ella stessa, — e quella vista finì d’intenerirlo.
— Io l’ho sempre ricordata, — le disse tutt’a un tratto, — e le ho sempre voluto bene.
Essa fece un movimento grazioso del capo, come per dire: — Ne dubito. — E poi gli domandò dove fosse maestro. Inteso ch’era a Torino, parve che cercasse, ma non le riuscì di nascondere un senso di maraviglia gradita. E gli domandò quando avesse dato l’esame.
Il Ratti le diede un cenno dei tre anni passati a Camina e a Bossolano, e del come s’era deciso a presentarsi al concorso; ma parlava quasi macchinalmente. Parlando, ripensava a quel terrazzino ad angolo, a quelle sante parole sull’infanzia ch’essa gli aveva detto i primi giorni, alla forza eroica con cui aveva sopportato i dolori e le privazioni, a quel non ne posso più disperato che gli aveva singhiozzato sul petto, e a quell’ammonimento fraterno che gli aveva bisbigliato all’orecchio, facendoci tremare il cuore: — Non beva; — e si ricordava dell’ultima volta che gli era apparsa sul terrazzino, straziata dal pensiero della morte imminente del padre, ma ferma e quasi altera contro il dolore, e così assorta ed immobile, che a lui era mancato il coraggio di salutarla. E s’interruppe per ripeterle con voce commossa: — Le ho sempre voluto bene.
— Oh che gran cosa! — rispose essa sorridendo. — Ed io pure a lei: non siamo stati sempre buoni