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244 Visi nuovi e amici vecchi

ragazzi pareva che bevessero con l’acqua del rio della Plata. Che curiosa screziatura di scolaresca era quella, in cui si vedevan visi e si sentivano accenti di ogni parte d’Italia, tanto che, a far leggere dieci scolari di seguito, era come sentir la voce di tutte le province, da Venezia a Palermo! Ce n’eran di nati là, ma ancora tutti italiani di cuore e di lingua, per effetto della educazione che ricevevan dai parenti; altri che della patria non serbavan più che il ricordo come d’un sogno; parecchi ch’eran nati sui piroscafi o nei porti; molti arrivati di fresco, già grandicelli, con la famiglia ancora sossopra, che a sentir nominare l’Italia, di cui ricordavan mille cose, chinavano il capo e facevan gli occhi rossi; e moltissimi già mezzo “americanati„ i quali ogni giorno, nonostante la scuola, andavano perdendo un pezzo d’italianità, o nelle memorie, o nella lingua, o nel sentimento nazionale. Ed era amenissima la cugina a raccontare le fatiche che duravano i maestri per difender l’italiano dallo spagnuolo invadente, e come, a dispetto d’ogni cura, la lingua del paese penetrava da tutte le parti, ficcandosi nelle desinenze, alterando l’ortografia, forzando il giro delle frasi, così che certi componimenti dei ragazzi presentavano un carattere bilingue comicissimo, che pareva stato cercato per spasso. Come non perdonare ridendo a una bambina che vi scrive: Segnora maestra, yo mi arrepiento della mancanza che ho commesso.... yo le quieggo perdono, segnora, ed espero che vorrà concedermeló, con l’accento sull’o! Eppure, no, faceva pena invece a veder come i nostri ragazzi perdevano la lingua propria assai più presto di tutti gli altri, appunto perchè non la conoscevano, o l’avevano imparata malamente nelle prime scuole d’Italia, quasi come una lingua straniera!... Però, c’eran dei compensi. Era tanto dolce insegnar la storia patria a tanta lontananza dal proprio paese! Tutti quei nomi e quelle date che ricorrevano così spesso in quelle scuole, Garibaldi, Vittorio, il cinquantanove, Marsala, venti settembre, Daniele Manin, le cinque giornate, che suono nuovo avevano tra quelle pareti, che impressione più viva facevan nel cuore di quei ragazzi che in quelli di qua! Nella ricorrenza dei giorni memorabili della nostra storia, quando essa faceva un racconto d’occasione alla sua classe, vedeva tutti quei visetti colorarsi, gli occhi lampeggiare, delle