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L’organista e la maestrina 207

quando venne un ragazzetto a chiamarlo da parte del parroco; e, certo che si trattasse d’una delle seccature solite, egli pigliò il cappello con dispetto e se n’andò brontolando. Un’ora dopo, il maestro se lo vide rientrare in camera, con una faccia che schizzava fuoco.

— Sa lei cosa mi capita? — fu la sua prima esclamazione, appena ripreso fiato. — Una birbonata inaudita! — e si asciugò la fronte col fazzoletto. Il parroco gli aveva fatto un preambolo oscuro, tutte frasi benevole e ambigue: gli doveva dare un consiglio.... eran venuti a raccomandarsi a lui.... era spiacente di trovarsi in quella necessità; ma, infine, c’eran certi doveri.... si trattava dell’onore d’una damigella. Tómbola! Insomma, l’aveva pregato di cessare la sua “persecuzione„ contro la maestra Riccoli, e di dare a lui la sua parola d’onore che le sue “minacce di violenza„ non sarebbero state eseguite. L’organista era rimasto con la bocca aperta come un forno. — Persecuzione? Minacce? Ma, signor parroco, lei vuol far la burletta? — Signor no, ecco il documento. — E gli aveva pôrto una lettera firmata con le sue iniziali, una dichiarazione d’amore sviscerato, nella quale egli diceva, fra l’altre cose, di non poter sopportare più oltre “l’avversione„ di cui la maestra gli dava segno, e terminava: — Son risoluto a qualunque estremo.... non mi arresterà timore alcuno nè della umana, nè della divina giustizia.... dovessi, ottenuto il mio trionfo, uccidermi di mia mano, dopo aver strappato dal pianoforte le ultime note della disperazione. La chiave era in questa frase. La maestra aveva creduto la lettera sua ed era andata a supplicare il parroco che lo inducesse a rinunciare ai suoi terribili disegni.

— Io — disse al Ratti l’organista — diedi per tutta risposta in una grande risata. Poi gli mostrai la mia scrittura che non combinava con quella; poi gli dissi che mi guardasse bene tra gli occhi, se gli pareva ch’io fossi un muso da scrivere di quelle gagliofferie da scolaro di terza grammatica; e poi anche mi montò il sangue alla testa. Non era quello il modo, perdio, di credere su due piedi a una stupida buffonata che mirava a screditare un galantuomo. Mi conoscono da anni. Capisco che non dividano le mie idee politiche, ma non che mi tengano in conto d’un briccone e d’un somaro insieme. E gli