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38 | Garasco |
ricever da loro nessun aiuto nè di parole nè di fatti, nè in materia d’istruzione, nè di disciplina, nè di pulizia. Avendo un giorno rimandato a casa un ragazzo sudicio, venne il padre a fare una scenata, gridando: — Lei non ci vorrebbe altro che dei signori nella sua scuola, non è vero? — Un’altra volta, avendo pregato una buona donna di spidocchiare il suo marmocchio che gli popolava la classe, quella rispose ingenuamente: — Oh, io non me ne do pensiero, sa. Anzi: vuol dire che il ragazzo ha buon sangue. Lasci andare, signor maestro. — E ce n’era anche di quelli rispettosissimi, che lo aspettavano fuori della scuola col cappello in mano e gli s’avvicinavano facendo molte riverenze. Ma questi erano i più pericolosi perchè venivan da lui come da un segretario pubblico, uno per farsi decifrare un foglio illeggibile, un altro per pregarlo di leggere un monte di carte e di dargli un consiglio intorno a una lite, un terzo per farsi scrivere una lettera al padrone, per chiedere una diminuzione di fitto, ma con quei dati preamboli e giri di parole, che non offendono, e ch’egli solo avrebbe saputo trovare. E come per mostrargli la loro gratitudine, gli dicevano: — Non abbia riguardi, sa, signor maestro; castighi pure il ragazzo con severità, quando lo merita. — Ma quando poi egli infliggeva il castigo più grave che gli fosse concesso, la sospensione, quelli la rendevano derisoria lasciando correre pei campi il ragazzo, felice d’esser punito con una vacanza. Ahimè! nessuna di queste cose gli avevano predetto alla scuola di pedagogia!
SOLITUDINE.
Ma seguitava a far scuola volentieri, ed era contento. Quell’atto così modesto e preveduto di riscuotere in fin del mese quella piccola somma all’ufficio dell’esattore, pensando che se l’era guadagnata centesimo per centesimo con altrettanti insegnamenti e correzioni e buoni consigli, gli dava ogni volta un piacer vivo, che gli durava per vari giorni. Gli mancavan soltanto nella scuola alcune cose indispensabili, che decise di chie-