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educano il cuore, che sono i maestri di musica. — A leggere e a suonare s’insegnerà sempre, — diceva.


Il Ratti, dunque, cominciò ad avvicinarsi al suo collega col pretesto di chiedergli dei pareri in cose scolastiche; ch’era l’unico modo di far ch’ei non tagliasse la conversazione, come al solito, dopo le prime parole. Non gli trovò un’istruzione straordinaria; ma delle idee nette, frutto, gli parve, d’osservazioni proprie, non di letture. La prima che lo colpì fu questa: che avendo riconosciuto, dopo molti anni di esperienza, che quasi in ogni classe gli si presentavano ogni anno quei cinque sei soggetti tristi, macchiati, presso a poco, degli stessi difetti e malvagi, per così dire, della stessa malvagità, tanto che oramai li riconosceva dalla fisonomia e da certe leggere e quasi involontarie manifestazioni dei primissimi giorni, così egli s’era fatto una legge d’affrontarli subito, anche avanti che commettessero la prima mancanza; ed aveva esperimentato che il vedersi indovinati in quella maniera, e come smascherati e disarmati prima del combattimento, dava loro un concetto e un timor tale della chiaroveggenza e della risolutezza del maestro, che anche i più audaci si tenevan queti per un pezzo. E circa al modo di tener la disciplina, le sue idee concordavano con quelle dell’ispettore di Garasco: puniva senza prevenire: voleva che i suoi alunni avessero la certezza assoluta che a certe mancanze seguivano immancabili, immediati e senza remissione possibile certi castighi, come il dolore a una capata nel muro. Quanto al sentimento con cui egli, padre e uomo di cuore, doveva lottare per esser severo, diceva di non aver a fare alcuno sforzo per nasconderlo: egli mostrava il suo affetto per la classe, ma per nessun alunno in particolare. Il maestro, a suo giudizio, non si dovea appassionare: ci doveva essere in lui un che di tranquillo e d’imperturbabile, quasi d’impersonale, che facesse ben comprendere ai ragazzi che la scuola è tutt’altra cosa dalla casa, e il maestro dal padre; che nella scuola cominciano ad esser cittadini e ad adempiere dei doveri verso lo Stato, e che lì, per conseguenza, non hanno diritto nè ad indulgenze nè a blandizie. Era un errore, secondo lui, voler fare della scuola un’altra famiglia, poichè