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In casa del sindaco 193


Una sera anche ebbe la soddisfazione di sentir pigliare le difese della sua classe, in presenza del delegato, che tacque. Il sindaco raccontò un fatto singolare accaduto di fresco in un comune del circondario, un episodio scolastico amoroso della grande commedia del mondo rurale. C’era una maestrina bionda, alla quale avevano fatto la corte nello stesso tempo, senza frutto nè fiore, due consiglieri dalle braccia lunghe. Ma appena essi s’eran ritirati dal campo,

[v]uotaFonte/commento: ed. 1890 stringendo la terribil ugna,


era venuto nel villaggio un maestro nuovo, il quale aveva rapito il cuore alla bella, e l’aveva sposata. I due consiglieri, ch’erano stati fino allora rivali acerrimi e s’eran fatta una guerra a morte, non potendo sopportare nè l’un nè l’altro lo spettacolo odioso di quella luna di miele magistrale, s’erano affratellati nel proposito della vendetta, e minacciando il sindaco di scavalcarlo alle prossime elezioni, l’avevano indotto a licenziare, con un pretesto qualunque, i due sposi. Senonchè i signori del Consiglio scolastico, non accecati dalla gelosia, avevano rimessa la coppia amorosa nel suo nido, in barba ai due amministratori frementi: il decreto del Consiglio era uscito nel giornale tre giorni avanti. E l’ispettrice diceva d’aver conosciuto il maestro a Torino, in un trattenimento di famiglia, dove aveva cantato un duetto del Crispino e la Comare, con una bella voce di basso.

— Poveri maestri, — soggiunse ridendo, rivolta al Ratti. — Come hanno da fare, se non li vogliono nè celibi ne ammogliati?

Ma il geometra n’aveva una meno allegra e più strana da raccontare: intorno alla quale, anzi, chiedeva delle spiegazioni all’esattore presente. In una frazione del comune di Crodella, dove c’era un locale orribile per le scuole, un vecchio maestro che v’insegnava da molti anni, e che, a conti fatti, riceveva un centesimo al giorno per ciascun alunno, era riuscito a forza di sacrifizi a liberare da certe ipoteche una sua casipola, e in una stanza di questa aveva installata la sua scolaresca, con soddisfazione del comune, il quale gli pagava il fitto di diciannove lire e settantacinque cen-