Pagina:De Amicis - Il romanzo d'un maestro, Treves, 1900.djvu/442

180 Bossolano

durre così presto l’enorme sfacelo, e che cosa sarebbe sorto dalle rovine, egli non diceva nè sapeva. Sapeva e diceva con infaticabile perseveranza che lo sfacelo era certo e imminente. E ne vedeva gli indizi ogni giorno nei fatti in apparenza meno importanti, non solo di politica, ma perfin di cronaca cittadina, che trovasse nei giornali. Ogni mattina e ogni sera, al caffè, interrompeva la lettura dei telegrammi o delle “notizie italiane„ per darsi una fregata di mani e domandare ai vicini: — Ha letto?... Ha sentito?... Legga qui.... Senta questo.... Ma sa che è grave?.... Le dico io che ci siamo.... — e faceva dei commenti iperbolici, lanciando delle occhiate di commiserazione burlesca ai proprietari e alle autorità circostanti, che fremevano. Il curioso era ch’egli non odiava nessuno, che non desiderava più male a Tizio che a Caio: desiderava il gran crac, null’altro. Oh, sarebbe stato qualche cosa di grande davvero, diceva succhiando il sigaro con voluttà; qualche cosa che avrebbe sorpassato tutti i desideri dei mal contenti e tutte le immaginazioni degli spaventati. Sì, il baraccone era screpolato da cima a fondo, scalzato alle fondamenta, tarlato da tutte le parti, e non si reggeva più che per miracolo: un soffio di vento, e si sarebbe sfasciato e disperso come un castello di carte. Ed era così fisso e rapito in questo pensiero che, nei ritagli di tempo, andava componendo un pezzo di fantasìa, intitolato il gran crac, ovvero: la “musica della fin del mondo„ di cui, ogni tanto, dava un saggio agli amici sul pianoforte, strizzando gli occhi a ogni frase d’effetto.

Quest’originale espose le sue idee al Ratti una sera, appunto davanti al pianoforte di casa sua, dove l’aveva invitato a bere un bicchierino di menta glaciale e a sentir quattro note. E vedendogli in mano l’elenco degli obbligati, venne a discorrer del sindaco. — Poh! — gli disse — non si dia pensiero degli obbligati, caro maestro, chè tanto a Bossolano manca chi vuole, e non si danno multe, glielo garantisco io. — E soggiunse con una risata: — C’è il sindaco che ha un spaghetto! Ma le dico uno di quegli spaghetti! — Appena venuto al sindacato, quando s’era istituita l’istruzione obbligatoria, risoluto a far valere la legge, aveva denunziato le assenze al pretore e fatto inflig-