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Lampi 167

alunni, gli s’accompagnava, o gli si sedeva accanto sopra un sasso; e gl’insegnava qualche cosa, ragionando o giocando con lui. Avendo detto in scuola che chi avesse bisogno di qualche spiegazione o ripetizione poteva andar liberamente a casa sua, ora l’uno ora l’altro v’andavano, nei giorni di vacanza, e vi s’intrattenevano; fra i quali il figliuolo del Catastaro, che essendo addietro nell’italiano, si faceva correggere a parte le composizioni. Ad alcuni anche dava qualche lezione di disegno a mano libera; ad altri imprestava dei numeri del giornale scolastico dov’erano dialoghi e racconti divertenti; a chi voleva, scriveva delle lettere d’augurio per l’onomastico dei parenti. In breve, s’acquistò fra questi un certo favore. Parecchi l’andarono a ringraziare, qualcuno gli mandò in regalo degli erbaggi e delle frutte; dalle botteghe, dalle case coloniche, quando lo vedevan passare, lo chiamavano, gli offrivano il bicchiere, insistendo. Queste dimostrazioni di simpatia gli facevano un grande piacere. Di una trama che si potesse ordire contro di lui non s’inquietava più. Nemmeno s’inquietò di vedere un giorno, mentre usciva di casa sua il figliuoletto del catastaro ed egli lo salutava dalla finestra, il sindaco e il delegato mezzo nascosti dietro a una cantonata vicina, come se vi stessero appostati. — Crederanno — disse tra sè — ch’io dia le lezioni a pagamento, per vendere il voto degli esami. Non mi curo neppure di discolparmi. Se m’accuseranno, parlerò.


LAMPI.


Ma dopo quel giorno il figliuolo del catastaro non andò più alla ripetizione; anche qualcuno degli altri non si lasciò più vedere. Il maestro si confermò nel suo sospetto. Il delegato doveva avere insinuato ai parenti ch’egli fingeva di far le ripetizioni per favore, ma con l’idea di chieder poi dei quattrini alla fin dell’anno scolastico, sotto gli esami. La cosa era chiara. E non domandò nemmeno spiegazioni agli alunni, per non suscitare un pettegolezzo: si riserbò a domandarle